Sono solo sul sentiero adesso, trecento metri più a valle ho lasciato quattro turisti in una baita al limitare del bosco, li ho accompagnati dall’arrivo in paese, prima volta per loro in montagna.
La baita è grande, il camino, acceso ieri, ha scaldato i tronchi, i letti con i piumoni accoglieranno e terranno al caldo i corpi stanchi e le menti felici per la novità.
Già, loro hanno scelto per la vacanza una sera speciale, magica, è la sera della vigilia di Natale.
È stata dura, camminare nella neve alta, aprire la strada, rispondere alle domande ovvie, sul tempo, la neve, gli animali selvatici, le paure del buio incombente e rassicurare i loro visi ansiosi nell’imbrunire della sera.
Alle mie spalle il bosco, completamente bianco, immacolato, con i faggi spogli e le macchie di abeti verdi, raccoglie l’ultima luce del giorno.
Come cambia la nostra terra in appena un sussurro di tempo, solo due mesi fa raccoglievo porcini profumati sotto quegli abeti.
Basta che non si mangino tutto, mi dico, mentre accelero il passo e un brivido freddo, forse ansia, attraversa la termica che indosso.
Accendo il frontale, i led riverberano sulla neve farinosa, adesso, il buio, il freddo e le stelle sono padrone della mia vita.
Mi sento parte del luogo, sono in armonia con me stesso, mi torna alla mente una vecchia poesia.
Parla della Magia del Natale, del mistero che lo avvolge, parla di tradizioni e Presepe, parla degli uomini.
Già, gli uomini….
Buoni perché è Natale?
A Natale siamo tutti più buoni, gli altri 364 giorni ci scanniamo tra fratelli. Tra fratelli di sangue, cresciuti insieme.
Bel mistero l’uomo.
Il sentiero si inerpica verso un canalone, la vegetazione cambia, cespugli bassi di pino mugo e rododendri occupano il posto di faggi, betulle e abeti. Salendo di quota la vegetazione si dirada e comincio ad avvertire folate di vento gelido sulla faccia.
Mi chiedo perché, tutto era tranquillo solo dieci minuti fa, riguardo per scrupolo il barometro e vedo che un piccolo LED rosso lampeggia a fianco dello strumento.
La pressione atmosferica ha perso 12 millibar in pochi minuti e il colore rosso del LED, freddo ed imparziale annuncia un sacco di guai in arrivo.
Adesso il brivido di prima è adrenalina, sento tensione elettrica alle estremità del corpo, il respiro accelera e mentalmente comincio ad imprecare.
Spengo il frontale e guardo verso nord ovest, il cielo ha inghiottito le stelle per un arco almeno di 40 gradi, il tutto in pochi minuti, non l’ho visto prima, la vegetazione lo nascondeva.
Sono a 3 ore da casa e circa un paio dalla baita, devo decidere e farlo in fretta, temo che il barometro scenderà ancora e entro pochissimo tempo mi troverò sulla testa qualcosa che preferirei vedere da dietro i vetri della baita con il camino acceso e un buon brandy nel palmo della mano.
Ho deciso di continuare e di non voltarmi indietro, se passo la cresta 200 metri più in alto potrei trovare riparo dietro le rocce.
Calzo i ramponi perché ho bisogno di sicurezza nell’ascesa e, mentre guardo la cima invisibile, piccoli cristalli di ghiaccio sulla faccia annunciano l’arrivo dei guai.
Ormai solo una piccola parte di cielo ha ancora alcune stelle, velate da una balugine grigia tipica dell’arrivo della neve.
Mi sa che la cena stasera aspetterà e aspetteranno anche gli amici, qui devo trovare un riparo e in fretta, ma l’unica scelta logica è arrivare in cima e passare sottovento alla tempesta in arrivo.
Sto spingendo con braccia e gambe il più veloce possibile, ma mancano ancora una cinquantina di metri alla vetta, ora non vedo quasi più nulla, la bufera mi ha raggiunto vicino alla cresta e urla come le sirene di Ulisse.
Mi basterebbe fermarmi un attimo ad ascoltarle, in fondo, mi stanno chiamando, sono così stanco, mi inginocchio nella neve, prendo fiato e chiudo gli occhi.
Un rumore secco, un albero tranciato dal vento, giù al limitare del bosco, mi scuote dal torpore.
Quanto tempo è passato?
Non so, la neve è dappertutto non vedo più niente, mi rialzo e riprendo a salire, non posso fermarmi, sarebbe la fine.
Raccolgo le ultime forze, conto 30 passi, poi ancora 20, dai ne puoi fare ancora 10, arrivo in fianco alla vetta, la supero e finalmente sono sottovento Scendo ancora qualche metro in una strana e irreale calma, ho finito tutte le energie e da qui in poi sarà solo sopravvivenza
La bufera arrivata da nord con la forza di un tornado sta picchiando duro, non credo si calmera’ presto, devo trovare un riparo e riposare.
Niente, sono nel buio più completo, le gambe sono incapaci di continuare,cado in avanti, raggiungo una posizione fetale, accetto la pace di questo momento chiudo gli occhi.
Ricordo due lacrime di ghiaccio, aghi negli aghi sul viso immobile.
La morte per assideramento arriva nel sonno, il corpo perde calore, dai 37 gradi si scende fin verso i 32, li si comincia ad assopirsi, a vedere cose che non esistono, verso i 28 è l’ultimo treno, sotto, tutto il sistema collassa, non c’è ritorno. È la pace, è Natale in fondo.
Nel sogno, qualcuno mi sta tirando lo zaino e mi parla, io non voglio sentirlo, sto bene così, poi, ancora uno strappo più forte, per favore lasciami qui, sto bene e ho sonno.
Mi trovo girato verso l’alto, qualcuno sta massaggiandomi il viso, mi chiama per nome ma io vedo solo una forma scura sopra di me e perdo i sensi.
Una piccola balugine tanto fioca da non essere vera mi riporta alla realtà, lentamente cerco di rendermi conto di dove sono.
Con il ritorno della coscienza arriva il dolore fisico, muscoli contratti, nervi scoperti, fitte dolorose attraversano la mia mente. Di riflesso cerco di vedere, la luce del giorno entra dai vetri, una stanza che riconosco come parte della baita che dovevo raggiungere, rumori dal piano sotto, voci conosciute e finalmente gli sguardi attenti ed ansiosi di persone conosciute.
Cerco di dire grazie ma le parole non escono dalle labbra, chi è venuto lassù a cercarmi?
Gli occhi increduli, gli sguardi preoccupati aleggiano sopra di me, non capisco, sono impazzito?
Sono passati 3 mesi, la Primavera sta arrivando la neve si scioglie, le giornate sono tiepide e il sole accompagna le mia convalescenza ormai finita.
Ancora oggi, per l’ennesima volta ho cercato di sapere chi dalla baita è venuto a cercarmi e nella bufera mi ha portato fino alla porta salvandomi la vita. Nessuno dei miei amici si è mai mosso dal posto, all’inizio ho pensato ad uno scherzo, poi mi sono arrabbiato, ho anche imprecato con loro, li ho minacciati, ma hanno giurato su cose preziose che mi hanno trovato davanti alla porta della baita quella notte, Era mezzanotte.
Eppure sono certo di avere visto, solo per un attimo sotto la cresta, un viso dolce, sereno, che mi chiamava per nome……
di Marco Longoni.